Villa Fogaccia

La collina delimitata dai fossi di Montespaccato e dell’Acquafredda già dal Medioevo era parte di un vasto fondo di proprietà prima del Capitolo di S. Pietro e successivamente dell’Ospedale S.Spirito, denominato Tenuta di Porcareccia in relazione alla presenza dell’allevamento dei maiali. Nel corso del ‘600 a questa attività si aggiunse la coltivazione di erbe e piante medicinali destinate alla Spezieria del S. Spirito. Nei primi anni del ‘900, quando ormai la tenuta era divenuta un vasto territorio destinato al pascolo delle greggi transumanti, venne acquistata dai Conti Piero, Marieta e Giulia Fogaccia, di origini bergamasche (Clusone). La famiglia Fogaccia si rese protagonista dell’avvio di un’intensiva opera di bonifica e modernizzazione della proprietà che condusse alla nascita (1923) della Borgata Fogaccia (dal 1945 rinominata Montespaccato). L’idea della costruzione della villa nacque nel 1924, quando le sorelle Fogaccia vollero coinvolgere l’amico architetto Marcello Piacentini nella realizzazione di una villa suburbana, un edificio che richiamasse il loro palazzo di famiglia a Clusone. L’edificio è una costruzione di particolare originalità che riassume i caratteri della torre, del palazzo, della villa e del maniero, quasi un omaggio alle tipologie architettoniche che nel corso del tempo hanno caratterizzato il paesaggio della Campagna Romana. Il prospetto è articolato in diversi volumi, e la facciata, in pietra rustica di tufo, ha un portale bugnato sormontato da un cartiglio con impressi lo stemma ed il motto della famiglia: Ni matarme ni spantarme (né mi ammazzi né mi spaventi). Una particolare cornice romantica è determinata, inoltre, dall’inserimento di numerosi comignoli per lo più posticci. Gli spazi interni (sale di rappresentanza, appartamenti privati, biblioteca) si raggiungono attraverso un ampio scalone principale. Gli ambienti sono ornati con materiali di pregio; di rilievo gli inserti di elementi architettonici classici di riutilizzo, gli elementi araldici pavimentali realizzati con ceramiche di Vietri e Deruta, le rubinetterie del bagno che riproducono gli animali della campagna romana, i ritratti di famiglia. La villa è immersa in un parco di otto ettari che accoglie numerose piante mediterranee; lunghi viali alberati si dipartono a raggiera dall’edificio centrale e si raccordano ad un viale anulare, il galoppatoio. Pur non vantando una lunga storia, la villa è di particolare interesse per il suo valore architettonico, per le illustri personalità che furono legate alla sua edificazione e per ospiti altrettanto celebri quali il Principe Umberto e Vittorio Emanuele II. Durante la Seconda guerra mondiale la villa fu occupata dai tedeschi e subì dei bombardamenti; per alcuni giorni, infatti, si trovò lungo la linea di fuoco tra i tedeschi in ritirata e gli alleati che avanzavano sparando dalle postazioni della Pineta Sacchetti. L’edificio, chiuso al pubblico, è ancora oggi proprietà della famiglia che ne ideò la costruzione.