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La Marcigliana nella storia

p.21 Dall'altoIl territorio della Marcigliana è stato occupato sin dalla preistoria. Le tracce più antiche della presenza umana risalgono al Paleolitico Medio e Superiore: industria litica, strumenti su selce e nuclei sono stati rinvenuti, nel corso di ricognizioni di superficie effettuate negli anni 1981-82 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, in diverse località (tenuta di Bocconcino, Tor S. Giovanni, Tenuta Casale delle donne, Tenuta Bufalotta); mentre reperti attribuibili al Neolitico ed al Bronzo Medio-Recente sono emersi nelle tenute di Tor S. Giovanni, Case Nuove, Capobianco. Insediamenti consistenti si hanno però solo a partire dall’Età del Ferro, quando inizia lo sviluppo del centro antico di Crustumerium. Crustumerium era un’antica città Latina collocata in una posizione particolarmente strategica su un’ altura in affaccio sul Tevere, a controllo di un antico percorso viario di collegamento tra l’Etruria e la Campania. Le interpretazioni circa le origini del nome sono discordanti. La prima vuole che Siculo, fondatore della città, le avesse dato nome Clytemestrum, in onore della moglie Clytemestra; successivamente sarebbe avvenuta la corruzione in Crustumerium. La seconda accosterebbe il nome alla focacciacrustula panis che i Troiani avrebbero mangiato appena giunti nel Lazio. Diodoro richiama invece un’origine albense della città, elencandola tra le colonie fondate dal re Latino Silvio. La storia della città si collega agli eventi relativi alle origini ed alla espansione di Roma, di cui fu, con alterne vicende, alleata e nemica. Alcune donne crustumine furono coinvolte nel mitico “ratto”, a seguito del quale gli abitanti della città furono deportati e le loro terre distribuite ai coloni romani. Roma si assicurò definitivamente il controllo sulla città durante i primi anni della repubblica con l’istituzione della tribù Crustumina (o Clustumina). Da allora Crustumerium non è più menzionata dalle fonti storiche, anche se proprio nel suo territorio si svolse la Battaglia di Allia (390 a.C.) che vide l’esercito romano tragicamente sconfitto dai Galli Senoni. Nei secoli scorsi, l’esatta ubicazione della città è stata oggetto di diverse interpretazioni. Località poste tra Tor S. Giovanni, il Fosso di Settebagni e Monterotondo sono state variamente identificate con il luogo in cui sarebbe sorta Crustumerium. Nei primi anni del ‘600 Cluverio volle riconoscere l’ubicazione della città sulle colline della Marcigliana Vecchia; le indagini effettuate tra il 1974 ed il 1976 da Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli nell’ambito degli studi promossi dal Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno dato conferma a questa ipotesi. Dagli anni ‘80 si sono susseguite una serie di campagne di scavo coordinate dall’Ispettore Archeologo della Soprintendenza Archeologica di Roma, Francesco Di Gennaro, che hanno consentito di mettere in luce circa un centinaio di tombe di una vasta e ricca necropoli di particolare rilevanza storica pari ai rinvenimenti precedentemente noti delle necropoli laziali di Castel di Decima, Acqua Acetosa Laurentina ed Osteria dell’Osa. La città era arroccata su un’altura scoscesa che sovrastava la Via Salaria e la pianura delimitata dal fiume Tevere, ed era munita di un imponente struttura difensiva costituita da un sistema di terrazzamento in blocchi di tufo. Il nucleo cittadino si raggiungeva attraverso una “tagliata” che, oltrepassato l’abitato, scendeva dirigendosi verso i centri di Gabii e Preneste. La scomparsa dell’abitato di Crustumerium non portò all’abbandono di questa zona; tra la fine dell’età repubblicana e l’età imperiale, infatti, il territorio viene diviso in fondi agricoli incentrati attorno a ville rustiche; tra gli insediamenti maggiori vanno annoverati quelli presso il Casale della Marcigliana, la Torretta della Bufalotta, il Casale di S. Colomba, il Monte della Piscina. I maggiori tra gli agronomi antichi ricordano l’agro crustumino per la sua particolare fertilità , viene descritto come ricco di canali d’acqua e si riferisce di una speciale qualità di pere note come Crustumine come pure di una varietà locale di olive. All’intenso popolamento rurale del territorio corrisponde lo sviluppo di una capillare rete stradale. Attorno alle vie consolari principali (Nomentana e Salaria) si articola una maglia stradale secondaria di collegamento con i fondi agricoli. Il territorio della Marcigliana conserva anche preziose testimonianze paleocristiane; al 13 km. della Via Nomentana (pochi metri oltre confine della Riserva Naturale) sorgono i resti della basilica e catacombe di S.Alessandro, un piccolo cimitero probabilmente legato alle comunità rurali di Ficulea e Nomentum. Con la caduta dell’Impero Romano l’assetto del territorio muta sensibilmente. Tra il X – XIII sec. il territorio della Marcigliana è compreso nelle proprietà ecclesiastiche della Sabina. Alla Badia di Farfa appartengono i possedimenti di S. Colomba, Capitiniano (che include le torri di Belladonna e S. Giovanni), la Massa de Vestiario (torretta della Bufalotta), il Casale della Marcigliana. In seguito alle invasioni barbariche, gli insediamenti rurali furono fortificati ed il territorio fu organizzato con sistemi di difesa e torri di avvistamento in possesso di potenti famiglie nobili che si contendevano il controllo dell’agro romano. Elementi ancora emergenti e caratteristici di questa fase sono le strutture della grandiosa Torre della Bufalotta posto sul poggio omonimo di fronte al sito di Crustumerium, della Torre S. Giovanni, del Casale – Torre della Marcigliana. Testimonianze archeologiche dell’insediamento rurale medievale si conservano in prossimità della Torretta della Bufalotta, lungo il Fosso della Formicola: una diga, probabilmente funzionale all’azionamento di un mulino, una nicchia a forma di arcosolio dipinta con temi stellari, ed un nucleo di abitazioni trogloditiche ricavate nel banco tufaceo. Al termine delle lotte baronali il territorio viene riorganizzato in tenute con casali di proprietà delle famiglie nobili. La storia del Casale della Marcigliana è emblematica: sorto nel medioevo come edificio fortificato , nel corso dei secoli XVI-XVII viene trasformato secondo le esigenze delle nobili famiglie proprietarie (Ceuli, Barberini, Gabrielli, Carpegna), assumendo caratteristiche di villa. Le tenute destinano un’area molto ristretta allo sfruttamento agricolo lasciando il territorio prevalentemente al pascolo. Il progressivo abbandono delle attività agricole e l’insorgere della malaria producono lo spopolamento dell’agro. Tra la fine dell’800 ed i primi del ‘900 vengono realizzate imponenti opere di bonifica del territorio che consentono una ripresa dello sfruttamento agricolo intensivo e le colture riconquistano ampi spazi lasciati al pascolo. Nel 1911 venne inaugurata la Colonia Agricola Romana della Bufalotta appartenente alla Congregazione di Carità di Roma. L’Istituto della Colonia, affidato ai Padri Giuseppini, ospitava giovani apprendisti-agricoltori che, raggiunta la maggiore età, avrebbero potuto divenire proprietari di un appezzamento di terreno.

Alessandra Reggi